Negli ultimi tre mesi ci siamo ritrovati a vivere un’emergenza sanitaria senza precedenti: a causa della pandemia da Covid-19, sono tornati alla ribalta argomenti meno noti come l’inquinamento e il particolato atmosferico: sono circolate molte notizie ed informazioni a riguardo.
Per avere un quadro più completo di questi argomenti – alcuni relativamente sconosciuti, come appunto il particolato atmosferico – e soprattutto capirne il legame (specialmente col il Covid-19) abbiamo ricorso a diverse competenze scientifiche (dalla geologia alla medicina).
Questo legame è stato spiegato nella video-intervista condotta dalla sottoscritta Caterina Zei, geologa, alla Dottoressa Ilaria Bindi, specializzata in Otorinolaringoiatria. Di seguito troverete un approfondimento su cos’è il particolato atmosferico.
Video-intervista che spiega il legame tra Inquinamento, Covid-19 e Particolato Atmosferico
In questi giorni a causa del Covid19 siamo bombardati da informazioni su PM10, Pm2,5, mascherine, filtri ed inquinamento. La possibilità di imbattersi in qualche fake news o incomprensione è molto facile. Facciamo dunque un po’ di chiarezza.
Che cos’è il Particolato Atmosferico?
L’atmosfera terrestre è un sistema detto colloidale, cioè una miscela in cui si trovano disperse particelle allo stato gassoso, liquido e solido. L’insieme degli elementi che si manifestano sotto queste ultime 2 fasi, liquide e solide, prendono il nome di PARTICOLATO TOTALE SOSPESO (PTS).
Queste particelle possono essere molto eterogenee e variabili, dipendono dalle sorgenti e dalle condizioni fisico-chimiche dell’ambiente in cui si formano. Quindi è possibile distinguerle fra loro per diversa origine: antropica o naturale; per diversa composizione chimica: organica o inorganica; per diversa forma e dimensione.
La dimensione del particolato atmosferico, o più comunemente polveri, governa il loro comportamento.
Queste vanno da 100 micrometri ( 10-6 m ) a 1 nanometro (10-9m). Le particelle maggiori di 100 micrometri sono rare da trovare in atmosfera poiché la loro massa è tale da farle depositare rapidamente al suolo.
In linea generale però, sono tutte caratterizzate da una bassa velocità di deposizione tale da rimanere sospese in atmosfera per un certo periodo, come ore o giorni, e trasportate anche a distanza chilometrica rispetto al loro punto di origine.
La loro concentrazione in atmosfera è influenzata da fattori quali l’intensità di emissione, la prossimità della sorgente e le condizioni metereologiche.
Classificazione del Particolato Atmosferico
Nonostante la vasta variabilità delle loro specifiche, la classificazione più importante è quella che tiene conto del parametro di dimensione. Basandoci su questo si possono distinguere 3 diverse categorie indicate dalla sigla, PM dall’inglese particulate matter, e accanto il valore della dimensione della polvere.
Quindi distinguiamo:
- PM10, cioè particelle con dimensioni inferiori o uguali a 10 micrometri,che comprendono il sottogruppo del;
- PM 2,5 cioè particelle con dimensione inferiori a 2,5 micrometri, che comprende a sua volta il sottogruppo del;
- PM 0,1, particelle con dimensione inferiore a 0,1 micrometri.

(Photo by Fred Rivett on Unsplash)
A partire da questa classificazione, possiamo individuare dei gruppi ben precisi con caratteristiche simili. Le particelle che hanno una dimensione compresa tra 10 e 2,5 micrometri sono dette GROSSOLANE e rientrano in questo range polveri con origine quali attività agricola, usura dell’asfalto, erosione di rocce. Un esempio è la lavorazione dell’amianto che sappiamo essere causa di malattie polmonari gravi come il mesotelioma. Da parte di origine naturale invece, distinguiamo lo spray marino, frammenti di piante e insetti.
Queste frazioni grossolane possono essere inalate dalle nostre vie respiratorie, arrivando nei polmoni.
Le polveri con dimensioni tra 2,5 e 0,1 micrometri, sono dette FINI. In questa categoria distinguiamo per origine antropica le emissioni delle auto, i prodotti da combustione fossile.

Per questo motivo, molte volte sentiamo nominare il particolato atmosferico associato all’inquinamento atmosferico. In Italia, i valori di concentrazione di particolato inquinante ammissibili in atmosfera sono stati fissati nel Decreto Ministeriale del 2/4/2002. Così, grazie a stazioni di monitoraggio è possibile valutare la qualità dell’aria sul territorio nazionale. L’obiettivo è di fornire un quadro conoscitivo e rappresentativo dello stato dell’aria prevenendo situazioni nocive.
La frazione fine però comprende anche particelle di origine naturale come quelle derivanti da incendi boschivi, ossidazioni di vario tipo e batteri. Queste polveri possono entrare in modo profondo nei nostri polmoni, spingendosi fino a livello alveolare.
L’ultimo gruppo è quello detto ULTRAFINE, dove rientrano tutte le restanti particelle con dimensioni inferiori a 0,1 micrometri. Comprendono i virus, tra cui il Coronavirus, e particelle che si formano per processi di reazione con gas.
Queste polveri hanno la maggiore capacità penetrativa, tanto da entrare in profondità all’interno del nostro organismo.

Per non destare ulteriore panico, dobbiamo però ricordarci che il Coronavirus, più in generale tutti i virus, non ha la capacità di movimento autonomo ma necessità di particelle con dimensioni maggiori per poter essere veicolato. Per questo motivo è fondamentale utilizzare mascherine capaci di un adeguato filtraggio.